Ah, ‘sti americani! Riescono ad avere una giornata per tutto. Persino per una delle figure più sbeffeggiate e odiate (almeno nelle barzellette): la suocera. La festeggiano infatti la quarta domenica di ottobre, quest’anno il giorno 23.
Per noi è l’occasione per una riflessione linguistica.
Mentre gli stranieri che studiano l’italiano , si vogliono imparare i termini per definire i parenti acquisiti per matrimonio, devono memorizzare parole che vanno da suocera a nuora, da cognato a genero, chi studia inglese non deve far altro che aggiungere “in-law” (“per legge”) al termine corrispondente.
Mi spiego meglio: se “madre” si dice”mother”, la suocera altro non è che “mother-in-law”. Ovviamente il suocero sarà “father-in-law”, la cognata “sister-in-law” e via dicendo. Molto semplice, no?
L’unico problema (forse) è la corretta pronuncia di “law”. Se ne trova un esempio qui.
Il gruppo “aw” di “law” si pronuncia quindi come una “o” italiana (chiusa nella pronuncia britannica, molto aperta in quella statunitense). Perfetta fu quindi la versione italiana del titolo del film “Down by Law” di Jim Jarmush: Daunbailò.
Negli anni Ottanta (il film è del 1986), l’espressione “down by law” suggeriva che una persona era in gamba e sapeva sempre cavarsela, ma evocava anche “vicinanza, sostegno, aiuto”. L’espressione ha origine dal gergo carcerario degli anni Venti: chi ti era “down by law” (e usciva di galera prima di te) andava dalla tua famiglia a dare notizie e tutto l’aiuto che poteva.
Di quel film ci piace ricordare una scena, famosissima, in cui un delizioso Roberto Benigni (prima maniera) risolleva gli spiriti dei suoi compagni di cella, interpretati da Tom Waits e John Lurie. Nel film, Benigni è un italiano dall’inglese ancora incerto, ma con il quale riesce già a giocare: