Una lingua e una speranza per tutti

Le lingue sono affascinanti. Nascono e crescono. Alcune muoiono. Alcune si diffondono in tutto il mondo, altre rimangono chiuse dentro stretti confini. Alcune si esprimono per iscritto, altre solo oralmente.

Ci aiutano a comunicare e possono unire persone nate in posti molto diversi. Ma possono anche essere causa di divisioni.

Era quest’ultima l’opinione di Ludwik Lejzer Zamenhof, un medico oculista polacco, creatore dell’esperanto, una lingua artificiale molto semplificata.

Ebreo, nato il 15 dicembre 1859 in una città che apparteneva ai tempi all’impero russo, Zamanhof era convinto che la ragione principale della inimicizia tra i popoli è la diversità linguistica.

Crebbe in un ambiente con forti conflitti etnici e culturali e decise di creare a tavolino una lingua che potesse essere parlata in tutto il mondo: una grammatica estremamente semplice, un sistema di scrittura nel quale a ogni lettera corrispondeva un suono (o meglio: per ogni grafema, un fonema). Una lingua che potesse trascendere le rivalità nazionali.

A soli 19 anni pubblicò l’Unua Libro (il “Primo libro”, che illustrava le 17 regole grammaticali le 917 radici lessicali, quasi tutte appartenenti a lingue romanze) e si firmò Doktoro Esperanto (colui che spera). Rinunciò a qualsiasi diritto sulla lingua e la dichiarò proprietà universale.

L’esperanto fu presentato nel suo primo congresso, che si svolse in Francia nel 1905. Il suo manifesto è la Dichiarazione di Boulogne.

Non si conosce il numero esatto di persone che parlano esperanto oggi, ma si ritiene si aggiri intorno ai 2 milioni in tutto il mondo.

La Universala Esperanto-Asocio ha membri in 83 Paesi.

Come un nativo?

Sono davvero poche le persone che hanno imparato l’esperanto dai genitori e si possono quindi dire “nativi“. Ma ne esistono. Sentiamone alcuni parlarlo:

Ma è molto difficile imparare l’esperanto?

La grammatica è molto semplice. Esiste, ad esempio, un unico articolo “la” (che vale sia per il singolare che per il plurale, un po’ come l’inglese “the”). Da un’unica radice si formano tutte le parti del discorso (verbo, nome, aggettivo…) con la semplice aggiunta di una desinenza.

L’alfabeto ha 5 vocali e 23 consonanti.

Eccolo in questo video:

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